gli editoriali di paolo bancale

programma e finalità di NonCredo

Inostri lettori già conoscono il prof. Carlo Talenti, docente di linguaggio e logica delle scienze sociali presso l’Università di Torino, autore nello scorso fascicolo del saggio Credenze. Intellettuale di alto profilo culturale, col quale spesso capita di avere arricchenti conversazioni, proprio nel quadro dei nostri rapporti egli ha voluto inviarmi una lettera certamente impegnativa per me nel considerare le sue obiezioni. Prendo da essa lemosse per una chiarificazione, con Talenti e con i lettori, di ciò che NonCredo è, di ciò che non è, ma ancor più di ciò che vuole e che potrà essere.

Gentile dott. Bancale,
La Sua risposta alla Signora Michela De Fusco pubblicata sul n. 2 di NONCREDO mi offre finalmente l’occasione di precisare ciò che non condivido dell’operazione messa in campo dalla Sua rivista. Le etichette di “destra”, “centro”, “sinistra” possono anche essere rimosse con una semplice denegazione verbalistica. Ma i contenuti scelti per un confronto di idee dal responsabile di una rivista la collocano di fatto – fin dai primi numeri – in una posizione ben definita dello spazio politico della società civile; anche se questa posizione non simpatizza esplicitamente con alcun partito politico istituzionalizzato. Certo, si può essere atei in una varietà di stili, di comportamento e di scrittura, che vanno dal più grossolano fanatismo anticlericale alla più bonaria ironia del disincanto intellettuale.Ma nessuno di questi stili può rimanere neutrale o ingenuamente innocente di fronte al Vaticano e alle varie istituzioni non cristiane e non cattoliche del Sacro. Sarà anche vero che per le statistiche esistono nel mondo 1.100.000.000 di non-credenti, ma se questi rimangono una moltitudine di individualisti dispersi e tollerati nelle società controllate dalle istituzioni di antica tradizione religiosa, la loro rilevanza illuministica rimane sostanzialmente fatua, perché si riduce ad un modello di estetismo cosmopolitico che non incide sulla consistenza conoscitiva ed etica delle decisioni quotidiane, alle quali fanno riferimento concreto le pratiche di governo. I tempi belli - se mai sono esistiti - in cui la cultura umanistico-letteraria e artistica poteva illudersi di essere la coscienza critica dell’immaginario collettivo sono finiti. Il vero problema di alfabetizzazione è quello che dovrebbe ridurre il crescente e accelerato divario tra le specializzazioni scientifiche (a cominciare dalla biologia evoluzionistica) e l’insipienza diffusa nella banalità dell’esistenza quotidiana. Ad Homo Sapiens manca una coscienza bio-antropologica in grado di analizzare e valutare la conflittualità spaventosa che ha accumulato nei millenni e che continua a produrre con la vanagloria delle sue iniziative progettuali. Tutto qui. P.S. Consideri il testo che precede un contributo per la rubrica della Sua rivista “Scambio di opinioni”.

Con viva cordialità
Carlo Talenti

Caro prof. Talenti,
Lei è un filosofo, e giustamente vede i problemi e pone le questioni in chiave elegantemente filosofica. Personalmente io ho avuto una formazione sia umanistica che scientifica, ma qui vengo sollecitato nella mia posizione di fondatore e direttore di NonCredo, ruolo quindi al tempo stesso culturale ed operativo, che va dalle idee che ci hanno mosso all’inizio fino ai traguardi che contiamo di raggiungere.

NonCredo non vuole essere una rivista per atei e quindi, diciamo, filosofico-speculativa, ma una proposta di conoscenza (sapere aude!) e di discussione di stampo illuministico per noncredenti, capace innanzitutto di fare cultura e di mobilitare le coscienze di molti cittadini italiani nella direzione della realizzazione di un Paese, di una legislazione e di una società ispirati alla conoscenza, all’etica, alla spiritualità, alla solidarietà, alla giustizia, alla libertà, ma esenti, assolutamente esenti dagli avvilenti vincoli imposti da miti, riti, cleri, dogmi, qualsiasi ne sia la matrice, che debbono riguardare eventuali scelte individuali senza mai pervadere la società nel suo complesso. Questa, e solo questa, è l’ipotesi di progetto di NonCredo. E non perderei neppure di vista il fatto che questa rivista è una delle molte iniziative, alcune esistenti (come NonCredo, il sito web, il blog e l’auditorium per i dibattiti), altre in fieri (la web radio, la rivista on-line, il centro studi filosofici, i congressi nazionali tematici, la presenza di NonCredo nelle edicole e librerie nazionali), tutte iniziative che fanno capo alla Fondazione Religions-Free, ove il free, come in sugar-free o care-free, sta per “senza” (mai “contro”) le religioni.

Pertanto, l’ideale di una società di “liberi”, senza le divisioni, le imposizioni e i privilegi delle religioni, resta l’ideale dei destinatari del nostro impegno, i “noncredenti”, cioè coloro che non si riconoscono in nessuna religione, e intendendo per “NonCredenza”non una rabbiosa intolleranza alla invadenza delle religioni, bensì una consapevole, civilissima e gioiosa libertà di pensiero e di coscienza. ReligionsFree, NonCredo, e quant’altro riusciremo a porre in essere, vogliono dare a quel 18 % di cittadini, quanti sono i noncredenti nella società italiana, una forte coscienza di appartenenza, di identità, di gruppo e quindi anche di consapevolezza e forza: la forza del sapere che esistiamo, la forza dell’esserci nella più ampia libertà di tutti e con il massimo rispetto per tutti.

Lei mi rammenta la lettera in cui negavo rilevanza a posizioni politiche come centro, destra e sinistra, ma rispetto a quella mia risposta vado anche oltre: così come ovunque vi sia il cartello “non fumare” ciò che rileva è solo il non fumare, e cioè che nessuno fumi, dopodiché destra, centro e sinistra professione, nazionalità, età, genere, propensioni sentimentali, culturali, sessuali, artistiche, politiche, partitiche, spirituali e quant’altro restano ininfluenti; esattamente nello stesso modo per NonCredo l’ubi consistam deve essere solo la “NonCredenza”: l’aria di libertà che essa ci fa respirare, la dignità che essa ci conferisce, il pensiero che essa ci consente. Certo, il pianeta è tutt’ora sotto l’influenza, spesso pesante, ove più ove meno, di tanto settarismo religioso di differenti matrici. Quanto all’Italia, per fortuna oggi non si sentono più omelie disgustose e insultanti come quella del vescovo di Prato, ma certamente, come lei accenna, vige uno status pesante ed invasivo da sopportare, che va dall’imposizione espositiva dei crocifissi alla bioetica, dalle coppie di fatto al Concordato, dalla doppia morale delle infinite festività cattoliche a spese di quelle attinenti alla Storia nazionale e al senso dello Stato, fino all’insegnamento della sola religione cattolica.

Finita la teo-crazia, la fanno ancora da padrone la teo-politica, la teo-finanza, la teo-istruzione, la teo-sanità, la teo-bioetica, la teo-corruzione e quant’altro fino al teo-trash che a volte ci vediamo intorno. Ma non voglio neanche essere frainteso: i meriti della Caritas, per esempio, sono tanti, così come tanti sono anche quelli di coloro di qualsiasi religione che si prodigano per aiutare gli “ultimi” (gli ultimi, sì, purché per tali non si intenda vederci Gesù, Shiva, Allah, Jeova, Iside o Manitù, ma solo un fratello che soffre, e non (magari dopo averlo “convertito”) un “correligionario”, concetto che mi suona quasi mafioso parlando di sofferenza). Per questo considero il proselitismo istituzionale e la libidine per le conversioni di molte missioni cristiane, ma soprattutto cattoliche, nel mondo come la violenza dell’uomo occidentale sull’uomo più indifeso, una volgarità culturale, una spoliazione delle altrui radici e un’ingordigia incompatibile con il necessario amore per gli altri. Hybris, insomma, pura hybris.

Lei cita, e giustamente, il Vaticano: le dirò che per me esso ha lo stesso diritto di esistere della Pinacoteca di Brera o dell’Accademia della Crusca, che però, va detto, non si sono mai sognate né si permettono di pretendere di influenzare la mia vita personale. Questo in Italia lo si ammette ancora purtroppo a bassa voce, per cui do grande merito agli amici della UAAR di aver rotto da anni questo silenzio correo con coraggio, intelligenza e coerenza. Ma non basta, e non bastiamo neppure noi insieme a loro: in ogni democrazia è doveroso battersi per i propri ideali, valori e diritti, ma per far questo bisogna innanzitutto far numero, coordinarsi ed essere uniti.

Perciò, con onestà intellettuale e morale, vorrei rispondere alla sua lettera con questo invito: noi tutti, NonCredenti della nostra libera e laica democrazia, conosciamoci, colleghiamoci, contiamoci, uniamoci e agiamo insieme, per costruire e garantirci quella società giusta, tollerante e laica a cui aspiriamo.

Grato per ogni consiglio o proposta che da chiunque ci vorrà essere inviata al riguardo, amico Talenti la ringrazio e la saluto con viva stima e cordialità.