Ufo, dio, mago: serve confutarli? Serve accalorarsi sull’inesistente?
Come nel groziano etsi deus non daretur, si può vivere prescindendone
totalmente. Non servono feticci né triangolazioni con i miti, servono
i Valori: poi, chi li ha espressi o a chi vadano attribuiti è secondario,
è materia per dossografi o storici. Ciò che conta sono i Valori
interiorizzati dagli esseri umani per la migliore qualità della vita spirituale,
sentimentale e materiale di ognuno e di tutti.
Ciò premesso plaudiamo al “Cortile dei Gentili”, come già facemmo
scrivendo al direttore de L’Avvenire, e concordiamo con il dotto
monsignor Ravasi sulla bontà di un «dialogo tra logoi, uno spazio di
confronto tra credenti e non credenti (...) facendo appello al mondo
non credente più seriamente e intellettualmente impegnato» in modo,
almeno da parte nostra, assolutamente immune da ciò che egli
chiama, detestandolo noi quanto lui, «l’ateismo dello sberleffo»,
nonché «lo scetticismo sardonico e sarcastico che ambisce solo a ridicolizzare
asserti religiosi». Nel rispetto reciproco siamo solo di
diverso avviso, punto.
Come la grande filosofia morale di Confucio prescinde dalla metafisica,
così noi NonCredenti prescindiamo con tono leggero adogmatico
e non assertivo dai due corni dell’annoso dilemma
“dio/non dio”, e se dobbiamo proprio optare per il termine “atei”,
diciamo pure che quel prefisso sanscrito-greco “a” non è inteso
come privativo, bensì come “prescissivo”. Il problema non ci
tocca, non ci inventiamo risposte né in un senso né nell’altro e,
per usare ancora le parole di Ravasi, accettiamo «un percorso che
si inoltra nel mistero», ma non è una “notte oscura”, è soltanto
“vivere” molto consapevolmente, eticamente e liberamente. Sì, il
NonCredente è pregno di Illuminismo, di relativismo, di libertà e
risponde alla sua coscienza hic et nunc senza attaccarsi etichette, e
ciò mi ricorda Matilde Serao quando, nel suo libro “Il ventre di
Napoli” scrive: «Vi sono dei cattolici che sono italianissimi, degli
anticlericali che sono credenti, dei clericali che sono democratici, dei
democratici che sono imperialisti, dei repubblicani autoritari e assolutisti,
dei socialisti che adorano il re, dei radicali perfettamente
monarchici. (…) A me basta che siano onesti, delle coscienze sicure,
delle anime austere». E cioè si può essere tutto purché si rispetti
l’Etica, quella che fa convivere, quella empatica che rispetta e non
fa soffrire l’altro. È una reinterpretazione di Agostino d’Ippona, la
cosa piacerà a Ravasi, quando dice Ama et fac sicut vis, cioè: se ciò
che ti muove è l’amore, agisci pure tranquillo e non sbaglierai. E
qui il dilemma “dio/non dio” non è neppure un optional, proprio
non c’entra affatto. Se ne prescinde.