La mia vita, la tua, la sua: ciascuno ha la propria e la vive, la gode,
la soffre, recita il suo copione o si inventa la parte, ma resta il fatto
indubbio che ognuno ne è pienamente titolare finchè non ne verrà
espropriato dalle religioni con la coercizione o con l’illusione. Il
pensiero, i pensieri, le idee ci fanno compagnia nell’esistenza perché
esprimono il me o il te, ma senza usucapione: esisto perché sono
io, ora fatto così, domani chi sa, ma sarò sempre io. Le religioni invece
pretendono di aggregarti, possederti, pensare loro per te e
dirti come e perché vivere. Non concepiscono declinare il vuoi o il
puoi ma ti impongono il devi nel nome di qualcosa o qualcuno che
non sei tu.
Ma io sono le mie idee e le mie idee sono la mia vita, e possono cambiare
finchè il vento della libertà e dello spirito avrà diritto di alitare:
posso cambiare abitudini, partner, sesso, idee politiche, il
paese dove vivere, il mestiere, la lingua che parlo, gusti, tradizioni,
virtù, vizi: ma le religioni, che oltretutto non hai mai scelto, quelle
invece no, esse non ti consentono di poterle cambiare, e termini
come eretico, apostata, miscredente, spergiuro giustificano ancora
discriminazioni e persecuzioni.
Ancora oggi, ci dice la cronaca, c’è in Italia chi uccide la moglie perchè
vuol cambiare religione, oppure massacra la figlia perché tradisce
i costumi della tradizione religiosa. Le religioni esercitano
con spregiudicatezza la pratica vorace del proselitismo, ma se ci
riescono, poi diventi una cosa loro: ti possiedono, a cominciare da
mente, volontà, idee. Per sfuggire a questo destino plagiante non
c’è che l’autonomia etica del singolo, il compus sui con la rivendicazione
della titolarità della propria vita. E la cronaca ce ne offre
un caso esemplare. In un’intervista le famose gemelle Alice e Ellen
Kessler, che negli anni ’60 imperversarono sulla TV italiana, rivelano
un eccezionale livello di indipendenza di giudizio:
”Se una di noi due si ridurrà allo stato vegetativo o in uno stato
irreversibile di demenza sarebbe impossibile accettare di vedere
l’una soffrire mentre l’altra resta a guardare. L’altra la aiuterà perciò
ad uscire di scena, pronta a darle una pillola per farla finita. E
la farebbe finita anche colei che resta.”
Siamo alla euripidea sacralità tragica di Medea o di un harakiri
shinto. E la religione? “Siamo noncredenti” è la loro risposta, e come
tali pensano in proprio e rispondono soltanto alla loro coscienza
perchè la loro vita è loro.