Si fa un gran parlare, tra le parti politiche, del quando e come uno straniero possa diventare
ope legis un cittadino italiano. Le ipotesi sono diverse e tutte contengono un che
di realtà. Ma propedeuticamente credo che vada definito innanzitutto che cosa significhi
essere un “cittadino italiano”. E’ certamente un uomo libero, che vive in un Paese
democratico e ne rispetta le leggi, a cominciare dalla sua Costituzione, e non è diverso
dal “cittadino” degli Stati civili, democratici e laici moderni. E se portatore di responsabilità
pubbliche, deve anche poter vantare la necessaria indipendenza e autonomia di
giudizio. Può egli farsi condizionare, o peggio obbedire ad una qualsiasi delle tante religioni
esistenti i cui dettami o ideologie possono essere facilmente confliggenti con il
bene “politico” comune, che è la risultante del libero gioco democratico? Quanto essere
“credenti”, e peggio ancora “fedeli”, è compatibile con l’essere “cittadini”?
Le religioni sono creazioni storiche, quale più antica e quale più moderna, strettamente
legate alle opinioni, leggende, miti ed esigenze di una data società in un particolare
momento storico-etico-politico, quando esse furono create e si svilupparono. Se lo Stato
è laico, è dato loro poter cambiare il corso degli eventi così come sono democraticamente
invocati dal popolo sovrano? Quanto un cattolico in ultima analisi risponde a se
stesso e quanto agli ukase o dictat della sua gerarchia confessionale? Personalmente io,
su base statistica, ne dubito e trovo molto più laico nei fatti lo Stato di Israele che si proclama
“ebraico” che non la Repubblica italiana che si proclamerebbe laica.
Un esempio per tutti? Ricordo che nel 1996 il governo Prodi aveva preparato un sentito
disegno di legge sui “diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”. Ebbene
la CEI, Conferenza Episcopale Italiana, voce supplente dell’antico Santo Offizio, intervenne
pesantemente emettendo una “nota” con camuffata minaccia di scomunica scrivendo
testualmente: ”Nessun politico che si proclami cattolico può appellarsi al principio del
pluralismo e dell’autonomia dei laici in politica”!!!! L’esito fu che i “cittadini” cattolici ed
oltretutto facenti politica si ritirarono all’istante in modo squalificante dimostrando nei
fatti che il sistema politico italiano, invece di essere protetto dalla Costituzione, può essere
in qualsiasi momento paralizzato da una interferenza arbitraria della gerarchia
cattolica.
Popolo sovrano? Supremazia della Politica? Ma, credenti o noncredenti, però come cittadini
italiani non ci sentiamo sprofondare nella vergogna?