Fa parte della natura di pressocchè tutte le religioni, al loro sorgere antropologicamente
spontaneo nell’humus dei diversi popoli, etnie e culture, quello di interpretarne costumi
e tendenze naturali, dai pacifici polinesiani ai feroci ebrei e atzechi, indicando comportamenti
che globalmente assicurassero la migliore pace sociale. Poi venne da sé che la
sola moral suasion non sempre era sufficiente e si passò all’imposizione di quegli stessi
comportamenti, e poiché per imporre ci vuole una autorità, nelle varie civiltà si svilupparono
i “cleri” che, fatti da uomini, dalle prime buone intenzioni passarono gradualmente
e fatalmente al perseguimento dei loro interessi umani o ideologici e quindi del
potere. E così dall’etica si passò all’ideologia e alla politica, al cuore subentrò la mente.
Ma l’etica deve poter conciliare in egual misura la libertà di tutti ed il loro bene comune,
la non sofferenza e una possibile felicità, il prevalere del “noi” sull’”io”, e questo non
comporta necessariamente “amore” svilendone il significato sublime, ma certamente la
consapevole compenetrazione nell’”altro”, sentirne il disagio ingiusto con la spontanea
spinta al soccorso. Questa è l’empatia, etimologicamente “soffro con te per te”. Quando
le religioni, per mezzo dei loro cleri, insegnano a comportarsi secondo il volere degli dèi,
o quello del ”Padre che sta nei Cieli”, o per compiacere il Gesù o la Maria di turno, insegnano
disvalori etici, insegnano ad accettare di essere etero- diretti, fanno intervenire un
ragionamento canonico al posto di un genuino impulso del cuore di un uguale verso un
altro uguale, del comportarsi come tu fossi al posto dell’altro poiché ciò è buono e giusto,
perché così una voce disinteressata e imparziale ti dice dentro che “così deve essere
anche se non ti giova”, ove non si prega ma si soccorre l’altro o tutti gli altri insieme rispettando
il comune ethos, non è Abramo che per assecondare un dio commette omicidio
ma Socrate che potrebbe fuggire dal carcere e invece sceglie di rispettare le leggi comuni,
è Gandhi che per il bene comune sa soffrire, è Salvo D’Acquisto che per il bene degli altri
sa immolarsi.
Questa è l’empatia che genera l’etica, questa è l’etica che nasce dalla sensibilità empatica.
Messaggi dei cleri? non mangiare carne di maiale o carne di venerdì mentre si dovrebbe
solo condividerla con chi ha fame; andare al tempio di venerdì o sabato o domenica? no,
ma offrire quello stesso tempo ai vecchi e ai disabili, sì. Il vero “universale”, la cosa in sé
dell’esistenza umana è la sofferenza, il dolore. L’unico che io sappia che lo ha compreso
ed esternato, che non ha insegnato a fare sponda con feticci numinosi ma solo con la consapevolezza
dell’io, è un certo Gautama Sakyamuni alias Siddharta alias il Buddha: lui
capì che l’Etica o c’è ontologicamente ed assiologicamente dentro di noi, oppure non c’è.
Il resto, come diceva un cantante, è noia.