gli editoriali di paolo bancale

li immaginate dei preti cattolici italiani che cantano l’Inno di Mameli così come i francesi hanno cantato la Marsigliese?

Uno spettacolo esaltante, da brivido, che sa di Patria, Nazione e Storia condivisa, ci è stato offerto dal Paese storico dei citoyens, la Francia, laica, ex-rivoluzionaria e repubblicana, quando, due giorni dopo l’eccidio di novembre a Parigi, tutto un Parlamento, Assemblea Nazionale, Senato, Governo e astanti, tutti, mille persone, rigorosamente in piedi, hanno cantato con fierezza e spavalderia di identità l’inno che li accomuna, nato nella Francia borghese, anticlericale, antifeudale e antimonarchica, la Marsigliese, il più bell’inno rivoluzionario che io conosca.
Una goccia almeno di sangue rivoluzionario giova alla storia ed al presente di un popolo, gli dà visione, coraggio e dignità, lega passato a futuro, fa Nazione, quella che sa cantare “marchons!” e di fatti marcia. Non è l’Italia, ahimè, che cantava sciattamente “Giovinezza” e poi con i Concordati ha consumato scabrosamente l’incesto tra Inno Nazionale e Te Deum. L’ode all’Italia di Petrarca, Leopardi e anche D’Annunzio sono voci di vati nel deserto: manca la Storia, manca il fremito, manca l’Unità della tradizione.

Si deve meritoriamente a Ciampi la spinta a tentare di identificarsi nell’inno di Mameli che italicamente egli esortava a cantare, ma non si è andati purtroppo molto oltre la squadra nazionale di calcio. Perché? Che cosa ci manca? Secondo me manca l’orgoglio consapevole del nostro Risorgimento, lacerato tra battaglie vinte e perse, patrioti martiri e la ostile controspinta cattolica congiurata in ogni parrocchia, pieve o basilica, l’utopia visionaria di Gioberti e la falsa ma pregnante cultura del crocifisso e del confessionale.

Se ipotizziamo assise di gruppi socialmente omogenei di Italiani non ci è difficile poter immaginare mille magistrati che cantano in piedi l’Inno nazionale, né mille militari, né postelegrafonici, o insegnanti, studenti, medici, ferrovieri, operai, o, voglio forzare, neppure prostitute italiane riunite in congresso. Ma, ecco la tragica vera Caporetto del nostro sentimento nazionale: chi saprebbe immaginare mille preti cattolici di nazionalità italiana che impettiti e compresi cantano l’Inno di Mameli??? Che si riconoscono in un tri-colore anzicchè in un tri-regno? Capaci magari di marciare su Fiume invece che su Lourdes?
Impossibile! Appartengono ad un altro regno, ad un’altra bandiera, ad un altro re cui debbono e vogliono obbedire, remano e remeranno sempre contro il senso dello Stato e delle sue Leggi: noi respiriamo Redipuglia e loro Incenso, noi giuriamo alla Patria e loro al Diritto Canonico, noi parliamo di cittadini eguali davanti alla legge e loro di privilegi per sé ed i loro correligionari. Noi che crediamo nella laicità accettiamo che loro siano liberi di professare il loro missionarismo settario nel nostro Paese, però se, come oggi avviene, vengono anche inseriti nelle maglie ufficiali e istituzionali dello Stato, allora, da laici, li consideriamo degli abusivi, degli infiltrati nell’ Ordinamento Italiano per conto di una credenza religiosa estera e dei parassiti.
Allons enfants de la Patrie! sia il nostro rataplan.