gli editoriali di paolo bancale

Nel nome di sacrestia Italia

Ci sono persone che, nella loro generale libertà mentale e psichica, non sentono alcuna necessità o piacere ad avere qualsivoglia rapporto con alcuni generi qualificati della variegata società umana: chi col mondo militare, chi con quello dello show-business, chi con quello dello sport e chi poi col mondo genericamente cattolico, visto come ideologia e superstizione, come rituali, fino al clero coi suoi comportamenti e argomentazioni. Si tratta di esclusioni assolutamente soggettive che non toccano l’amalgama della grande collettività statuale e del relativo sentimento comune, ma che coesistono come un rapporto da species a genus senza alcun rischio di operare una distorsione cognitiva nel complesso dei cittadini.

Il vivere la realtà socio-politica di una nazione comporta ed anzi implica questa selettività per affinità di sesso, età, cultura ecc e naturalmente anche di religione: fa parte di quell’agio che ciascuno realizza in casa propria e che, mutatis mutandis, il cittadino intende realizzare per quanto lo riguarda, nella casa di tutti, la nazione, lo Stato. Il tutto avviene sulla base della libera spontaneità, senza alcuna forzatura e men che mai segregazione: si sta bene, anzi meglio tra simili, e questo rappresenta un dato di fatto che ovviamente non esclude affatto sentimenti di solidarietà o soccorso ove ve ne siano i presupposti.

Nel contesto italiano questa libera aggregazione selettiva confligge con l’integrazionismo massificato e onnipervasivo operato ope legis o ope traditionis dal cattolicesimo imperante che asperge e inonda delle sue connotazioni simboliche tutti gli aspetti della società fino alla replezione. Tutto viene contrassegnato, come i mammiferi fanno per il loro territorio, con nomi astrusi di cosiddetti santi, madonne, vergini, martiri, miracoli, apparizioni, laddove civiltà e topo-didattica vorrebbero un ospedale intitolato a Pasteur, un carcere a Beccaria, un forte a Diaz, un porto a Pigafetta, un aeroporto a Guidoni, un ponte a Orazio Coclite, un collegio a Pirandello, un istituto tecnico a Natta, un liceo a Montale, una biblioteca a Galileo, e università Machiavelli, laboratorio Spallanzani, policlinico Veronesi, cimitero Foscolo e così via, dando valenza laica, italiana, democratica, didattica ed assiologica alla, invece, attualmente onnipresente, e incoerente senza nessi, toponomastica da sacrestia. E non sarebbe male dare costrutto nazionale a partire da una decente laicizzazione dell’esistente così come, quando si è voluto, si è fatto con Littoria, Mussolinia di Sicilia, Mussolinia di Sardegna, Rex, Foro Mussolini, Villaggio Costanzo Ciano ecc.

O tutto deve sempre ricordare ai posteri santo Euforbio?