gli editoriali di paolo bancale

credenze religiose o senso morale?

Se le credenze religiose, ovvero religioni, così come gli orientamenti etici, si concretizzassero nella costruzione morale della personalità umana, nel suo arricchimento spirituale e culturale e nella libera autonomia del pensiero, allora le religioni mostrerebbero una concreta utilità. Così come, se libertà responsabile e autonomia cosciente fossero gli obbiettivi di crescita spirituale, morale e intellettuale delle credenze religiose, ovvero religioni, operanti come visioni sapienziali della vita, con i suoi misteri, ansie, fragilità, sofferenze e speranze, certamente non ci sarebbero state nel passato dell'uomo, né ci sarebbero nel suo presente, tante religioni così diverse, antitetiche, concorrenti e ostili tra loro.
Ma da troppo tempo, purtroppo, esse hanno abdicato al ruolo specifico di veicoli di amore, solidarietà, pietà e pace per approdare invece sulla ben difforme e disvaloriale sponda del potere: potere dell'uomo sull'uomo, potere sulle masse, e quindi potere politico ed economico. È dai tempi dei sacrifici di Ifigenia e di Isacco, e via via diacronicamente dei riti dei preti atzechi, del sati-indù, dei roghi cattolici di dissidenti arsi vivi, fino alle odierne stragi ad opera dei kamikaze islamici, è da sempre che le religioni ha nno scoperto di poter essere anche un efficace mezzo di potere: di conversione, di dissuasione, di intimidazione, di persecuzione, di catechizzazione, di legislazione, in pratica di forza politica autocrate con vocazione alla totalizzazione dell’obbedienza, sia dei propri seguaci, sia di chiunque altro su cui esse riescano ad imporre la loro autorità.
Dopo di ciò, sia detto grazie all’ex presidente USA, il protestante Barack Obama, che solennemente ufficializzò per le decine di milioni di suoi concittadini noncredenti lo status di cittadini liberi ed uguali, che studiano, pagano le tasse, fanno il servizio militare, lavorano creando prosperità, fanno cultura, prendono premi Nobel, vivono, procreano e muoiono rispettando le leggi del loro paese, il bene comune ed il pluralismo delle idee, senza tentare di imporre le loro credenze agli altri componenti del corpo sociale come fanno da sempre ed ossessivamente i cattolici. C'è questo in Italia? Direi di no. Anche se ipocritamente ci proclamiamo uno Stato "laico", parola che l'ambasciatore Sergio Romano preferisce giustamente correggere in "concordatario", ove, ahimè, le discriminazioni, le marginalizzazioni, l'imposizione di leggi di convivenza assolutamente di parte sono ancora la norma.
Disse una volta Giuliano Amato che nella storia d'Italia è passato molto dio ma poco Lutero e Kant. Lo condivido. E ci aggiungerei anche Confucio, Siddharta e Socrate, mentre, invece, trovo che sia passato troppo Machiavelli.