di Valerio Pocar, già prof. di Bioetica e Sociologia del diritto, università Milano
La parola laicità può essere ed è intesa in molti modi e sarebbe lungo rammentarli. due significati, tra loro strettamente intrecciati nei fatti, ma ben separabili idealmente, qui c’interessano. da un lato, la laicità è un modo di pensare, quello per cui un essere umano, prima di accettarle, si sforza di riflettere e di sottoporre al vaglio dello spirito critico le proposizioni o le nozioni che gli vengono proposte. Si tratta di un modo di pensare fondato sul dubbio che pone l’essere umano in una condizione tutt’altro che rassicurante, in una contrattazione costante con sé stesso. Questa forma di democrazia interiore rappresenta, occorre dirlo, uno sforzo grandissimo, che difficilmente può compiersi a fronte di tutte le proposte, al quale però dovremmo sentirci tenuti almeno per le questioni più importanti. L’altro significato è quello della posizione che le pubbliche istituzioni, a cominciare dallo Stato, in tutte le loro manifestazioni ed estrinsecazioni assumono nei confronti delle confessioni religiose, rifiutandosi di favorirne una e anzi rifiutandosi di favorirne alcuna. Le moderne democrazie si caratterizzano proprio dall’opzione della laicità, a cominciare dalla scelta operata dalla nostra Costituzione, non sempre, però, compiutamente attuata.
di Raffaello Morelli, storico della laicità
A fine 2017, è uscito il libro “Art.7, Costituzione Italiana” di daniele Menozzi, ordinario di Storia alla Normale di Pisa ed esponente di quel mondo cattolico che è legato alla fede mantenendo la distinzione tra Chiesa e Vangelo. Un libro di piccolo formato e snello, che un laico dovrebbe leggere. Non perché è un testo serio che cita molti degli avvenimenti. Soprattutto perché travalica l’art.7 ed interpreta il periodo metà ‘800 nuovo Concordato 1984, nell’ottica di chi, cattolico, è restio ad accettare subito che le istituzioni nel tempo si modellino sulla laicità del cittadino e non sull’autorità della fede.